Proprio ieri ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Massimo Iafrate, dato l'enorme successo del suo articolo postato sul mio blog, per il quale ringrazio lui e tutti i lettori e si parlava del più e del meno circa alcuni produttori di formaggi.
Tenendo conto della sua esperienza pluridecennale sul settore e considerando poi che da molti anni svolge lezioni sul tema in quasi tutto l' Abruzzo e non solo gli ho chiesto di indicarmi qualche azienda che secondo lui fosse meritevole di considerazione.
Indovinate un po' cosa ho scoperto?
Un altro articolo pubblicato in una rivista nazionale che parla di un grandissimo produttore di formaggi del Molise al quale lui ha dedicato un articolo e che prometterò di visitare quanto prima!
Non capisco proprio perché questi articoli debbano essere nascosti...proprio per questa ragione lo condividerò con voi...buona lettura.
La
bellezza, il fascino ed il vissuto di una regione è legato indissolubilmente al
contesto culturale e territoriale che la circonda. I confini politici, spesso,
non tengono conto di questi vincoli e legami che fondano le radici nella storia
stessa di un territorio. La nostra terra, l’Abruzzo, ha un valore aggiunto, la
bellezza, la storia e la cultura dei paesaggi, delle etnie che la circondano.
Legami indissolubili che il tempo, a volte, sembra scalfire. Un viaggio nel
cuore del Molise, quindi, è il pretesto per riscoprire in un certo senso la
nostra tradizione, ma anche un pò… se stessi.
Diciamocela
tutta, quando ci muoviamo è sempre per seguire un nostro interesse, e per me il
mondo dei Formaggi è più che un interesse, quindi cosa c’è di meglio che andare
nel cuore del Molise, ad Agnone, a salutare qualche amico produttore per vivere
una giornata diversa in un piccolo caseificio? Un amico, un “casaro”, uno dei
pochi rimasti, che ancora usa le… mani ed il latte, per “fare” il formaggio, il
che non guasta.
Agnone
è un’austera località posta a 840 metri a guardia della valle del Verrino, è
custode di una storia antica ed importante. Con i suoi 14 campanili è sempre
stata testimonianza di un legame stretto con la cristianità più profonda. Non è
chiaro ancora se il paese fosse o meno la mitica Aquilonia, celebre capitale
dei Sanniti, ma di sicuro, anche grazie alla sua centrale posizione geografica,
è sempre stata un crocevia di testimonianze, di cultura che l’hanno
caratterizzata fino ai tempi nostri. L’importanza e la grandezza
dell’artigianato ha segnato l’antichità tanto quanto il suo presente, la
Pontificia Fonderia Marinelli, dall’anno Mille fino ai giorni nostri, crea le
campane apprezzate in tutto il mondo per la splendida e rigorosissima fattura.
Una storia di mille anni racchiusa in una fonderia, in un museo, tutto da
visitare.
Agnone,
lontana dalle usuali direttrici di comunicazione quali l’Adriatica e la
Tirrenica, è sempre stata, invece, un punto di riferimento per chi percorreva,
secolo dopo secolo, la via dei Tratturi. Queste “autostrade rurali” erano un
modo di vivere il mondo conformandosi all’unico ritmo che la natura dettava.
Essi hanno caratterizzato la vita di tutti popoli dell’Italia appenninica,
toccati da questo trasumare incessante.
Proprio
nei sentieri di questo partire, tornare, vivere di sacrificio, nel paese di
Capracotta, affondano le radici della Famiglia Di Nucci. Già nel 1662 si hanno
notizie certe che un avo della Famiglia, Leonardo, rivestiva l’ambita mansione
di “massaro” e quindi, anche produttore di formaggi. Questa figura fungeva da
direttore in un’azienda articolata in vari livelli, per arrivare ad esserlo, bisognava
dapprima lavorare come semplici “conduttore di greggi o mandrie” per poi
divenire “pastore”, dopo “casaro”, ed infine, grazie alla competenza, alla
fiducia del Padrone, si diventava “Massaro”. Egli aveva tutta la responsabilità
di organizzare il lavoro delle persone, gestire le mandrie, tenere i libri
cassa, e persino amministrare lo sfruttamento di fondi agricoli per la
pastorizia. Di tempo ne è passato, ed ora Franco Di Nucci, non si è allontanato
dai vecchi insegnamenti, nell’area artigianale di Agnone, in una avanzatissima
struttura, piena di… storia, di antiche conoscenze casare, “usa” la tecnologia
e non lascia che accada il contrario. Con le mani, e non con i macchinari,
nascono prodotti caseari di inequivocabile alta qualità. Lontano dalle lusinghe
della fagocitante “Grande Distribuzione Organizzata”, “coltiva” ancora la
genuinità di propri prodotti, rinunciando ai numeri, alle facili quantità, alle
grandi economie di scala. Da sempre lavora solo ed esclusivamente latte reperito
nella zona.
Tanti
sono i prodotti tipici della cultura casearia Molisana, i famosi Caciocavalli,
le scamorze appassite a pasta di caciocavallo, i burrini, gustose scamorze con
un cuore di burro all’interno, ma uno su tutti spicca per fragranza, gusto ed
originalità nella tecnica di lavorazione, la Stracciata.
Prodotto
unico sul mercato, unico nella fattura. Il latte non viene trattato
termicamente, e quindi la Stracciata è un prodotto fresco, a pasta filata,
esclusivamente prodotto con latte crudo. Il latte viene portato alla
temperatura di 36 – 40°, a seconda delle condizioni climatiche e della
composizioni del latte stesso, quindi viene aggiunto del “siero-innesto” o
“zizza”, derivato dalla lavorazione del Caciocavallo del giorno precedente. Di
seguito, aggiunto il caglio, si lascia maturare per 20 – 30 minuti, per poi procedere manualmente alla rottura
della cagliata con lo “spino”. Si lascia riposare ed acidificare la cagliata
stessa posta su di un tavolo chiamato “spersore”, fino al punto giusto di
maturazione, quindi, ulteriormente triturata viene messa in mastelli,
contenitori di legno naturale di faggio o cerro, e lavorata manualmente con
palette di legno ed acqua riscaldata a temperature di 90°, fino a farla
diventare diventa una pasta elastica ed omogenea. Inizia allora la “filatura”, si, proprio come nella
lavorazione della lana la pasta viene stirata, sfilacciata, filata. Due
persone, con mani veloci e sapienti, si passano la pasta stirandola,
lavorandola, fino a creare una striscia
di lunghezza variabile, larga circa cinque centimetri e spessa poco meno di uno.
Dopo che la pasta viene messa a rassodare in acqua fredda, si passa in salamoia
e successivamente, “stracciandola”, da qui logicamente il nome, viene
porzionata in strisce ripiegate tre volte, ecco pronta la Stracciata!
L’uomo, solo l’uomo può produrre questo,
decidendo temperature, tempi di lavorazione ed infine creandola con le proprie
mani.
Restare
in silenzio a guardare dei gesti che creano emozioni, è quasi come entrare in
un mondo che non ci appartiene… Arricchirsi,
rubando nuove esperienze.
Raccontare
di emozioni è facile tanto quanto convincere un
Sommelier a diventare astemio, quindi le emozioni bisogna viverle, provandole.
Un viaggio serve proprio a questo, serve ad accrescere ed ampliare i nostri
confini, i confini della propria mappa del mondo.
Massimo Iafrate
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