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Il blog nasce con lo scopo di far conoscere  e di valorizzare quanto più possibile le "infinite" eccellenze enogastronomiche Itali...

giovedì 29 marzo 2018

L’annata 2003...poca longevità




Dò, come promesso, seguito, alla pubblicazione di piccole informazioni su le annate più o meno favoreli, che hanno condizionato la nostra nazione a livello Vinicolo, degli ultimi 20 anni...buona lettura e grazie per le numerose visualizzazioni che state facendo su questo blog.





2003

Questa annata sarà ricordata per il suo incredibile andamento metereologico, con condizioni estreme da aprile ad ottobre per quanto riguarda le altissime temperature raggiunte e per quanto concerne una quasi inesistente escursione termica e per precipitazioni quasi nulle. Una situazione che ha impedito lo sviluppo di malattie ma che ha allo stesso tempo ha creato uno stress idrico eccezionale, bloccando in molti casi il normale sviluppo fenologico della pianta. Il tutto ha compromesso l'equilibrio dei bianche e delle bollicine ma ha portato a rossi carichi di alcol ma immaturi, pronti subito e poco longevi.  

sabato 24 marzo 2018

Il pecorino di Farindola...

 
 
 
Oggi voglio dare il giusto spazio ad un pecorino particolarissimo...unico al mondo per il suo genere, il PECORINO DI FARINDOLA.
 
Unico Pecorino al mondo ottenuto con caglio SUINO...da non perdere!!  

Abbinatelo ad un buon Montepulciano D'Abruzzo Riserva e vedrete che emozione!
 
 
Il Pecorino di Farindola si ottiene dal latte ovino crudo, cioè non trattato termicamente derivato solo da pecore allevate tutto l’anno nel territorio individuato come area di produzione. Il latte viene cagliato con caglio di suino, fatto anch’esso dai produttori, che si aggiunge al latte a circa 31°- 32°.
L’uso del caglio di maiale adulto per coagulare il latte costituisce un carattere unico nel panorama mondiale dei formaggi, e contribuisce non poco alla  originalità  del nostro formaggio. E’ fatto mettendo in infusione alcune parti dello stomaco del suino adulto con sale, vino bianco, aceto e qualche spezia. Una volta ottenuta la cagliata, questa viene rotta in pezzi piccoli dalle mani esperte delle donne, che attuano una serie di movimenti quasi rituali che portano alla creazione delle forme di pecorino nelle fiscelle. Si esegue una salatura a secco sulla faccia superiore, e dopo le forme vengono poste ad asciugare sui graticci di legno. Inizia quindi il lungo e paziente lavoro di stagionatura. Le forme vengono girate e pulite dalle muffe nei primi giorni, quindi si procede a spalmarle periodicamente con l’olio di oliva locale dopo circa tre mesi si stagionatura sugli scaffali di legno, le forme vengono riposte in armadi o casse di legno, anche sovrapposte una sull’altra, e periodicamente sempre rigirate ed unte. Questa grande cura e necessaria per poter ottenere tutti quei sapori di aromi che si sviluppano grazie ai fermenti vivi derivanti dal latte. La stagionatura prosegue di solito fino a circa un anno, ma le forme più grandi sono ben conservate anche 18-24 mesi.
 
La zona tipica di produzione è situata nella Regione Abruzzo, versante orientale della catena del Gran Sasso d’Italia, e comprende il territorio di 9 Comuni tra le Province di Pescara e Teramo.
 
I Comuni il cui territorio è totalmente all’interno dell’area tipica sono:

- Farindola (PE)
- Montebello di Bertona (PE)
- Villa Celiera (PE)
- Carpineto della Nora (PE)
- Arsita (TE)
 
I comuni il cui territorio è parzialmente compreso nell’area tipica sono:

- Bisenti (TE), con le contrade Chioviano Alto e Basso e San Pietro
- Castelli (TE), con le contrade San Rocco, Palombara, Carraro e Befaro.
- Penne (PE), con le contrade Collalto, Trofigno, Roccafinadamo, La Cima e Colletrotta.
- Civitella Casanova (PE), con le contrade Vestea, Santanello, Pretaglione e Chiarella.
 

martedì 20 marzo 2018

Alla scoperta del GAGLIOPPO



Continuiamo con il nostro viaggio alla scoperta e forse alla riscoperta delle eccellenze italiane enogastronomiche, un po' dimenticate, poco apprezzate e forse poco o addirittura...sconosciute.

Oggi parliamo di un vitigno, a bacca rossa, autoctono Calabrese, il Gaglioppo.

Buona lettura...

Storia  e territorio

La Calabria ha una tradizione millenaria nel campo della viticoltura e ancora oggi il paesaggio di molte zone costiere è disegnato da vigne, che si perdono nell’orizzonte azzurro del mare. I primi navigatori greci, mossi dallo spirito d’avventura e dalla ricerca di nuove opportunità di commercio, sbarcarono in queste terre attorno all’VIII secolo a.C. Le popolazioni autoctone avevano già iniziato il processo di domesticazione della vite selvatica e gli scambi con i colonizzatori ellenici, fecero della Magna Grecia una regione famosa per la viticoltura. Il termine Enotria-terra del vino- con cui i Greci identificavano buona parte dell’Italia meridionale, conferma l’antica vocazione vitivinicola di un territorio proteso verso il mare e naturale crocevia d’incontri e contaminazioni tra popoli e civiltà provenienti da tutto il Mediterraneo. Non sappiamo con certezza con quali vitigni fossero prodotti i vini dell’antichità come l'amineo, il thurino, il byblinos, il lagaritano, il reghinon, forse con antenati dei vitigni del nostro Sud o forse con cultivar oggi scomparse.
Va comunque dato merito ai viticoltori calabresi d’aver saputo conservare uno straordinario patrimonio di varietà autoctone, ancora oggi alla base dei vini più famosi della Regione. I vitigni internazionali sono arrivati tardi e hanno interessato, solo in modo marginale, una produzione che affonda le radici nell’antica storia del territorio. Il gaglioppo è presente soprattutto nella zona collinare di Cirò, situata a nord di Crotone, lungo il litorale ionico. Grazie a un clima mediterraneo, caldo e ventilato, e a terreni di matrice argillo-calcarea, particolarmente vocati per una viticoltura di qualità, il gaglioppo ha trovato in quest’area il suo habitat ideale.

Caratteristiche

Il gaglioppo è un vitigno di buon vigore e produttività, con un ciclo vegetativo piuttosto lungo e una maturazione medio-tardiva. Produce grappoli dalla forma conica, con una notevole varietà morfologica tra i vari biotipi. Gli acini sono piccoli, con buccia abbastanza spessa e pruinosa, di colore nero-violaceo. Da molti anni è stato intrapreso un percorso di ricerca per selezionare i migliori cloni di gaglioppo, con l’obiettivo finale di elevare la qualità dei vini. L’Azienda Librandi, in particolare, ha sempre creduto nelle potenzialità del vitigno e ha portato avanti un progetto di valorizzazione del gaglioppo. La ricerca è partita da una selezione massale di vecchi alberelli della zona di Cirò, scelti in base alla presenza di grappoli e acini piccoli, tendenzialmente spargoli, adatti a produrre con basse rese. Il materiale è stato poi reimpiantato in vigneti sperimentali, con l’intento di isolare i cloni migliori. A questo progetto iniziale, si è affiancata la realizzazione di un campo sperimentale di piante da seme, con lo scopo di osservare la variabilità genetica della cultivar e selezionare i migliori biotipi.
Infine, Nicodemo Librandi e Davide De Santis hanno girato tutta la Calabria alla ricerca di vecchi cloni autoctoni di gaglioppo e di altri vitigni calabresi. Nel 2003 è stato creato un giardino varietale con oltre 2.800 viti del materiale collezionato. Il gaglioppo e gli antichi vitigni autoctoni sono stati studiati attraverso analisi del DNA, delle uve e micro-vinificazioni, coordinate dal laboratorio Enosis di Donato Lanati. L’Azienda Librandi sta portando avanti anche una sperimentazione sui portainnesti, per trovare la migliore soluzione in relazione alla composizione dei terreni e alle caratteristiche della cultivar. La strada verso un progressivo miglioramento qualitativo del materiale in vigna è stata tracciata e in futuro darà i suoi frutti. Per quanto riguarda le forme di allevamento, ancora oggi si preferisce l’alberello di tradizione greca, che copre circa il 70% della superficie vitata a gaglioppo. Gestito con potature corte e alta densità d’impianto, l’alberello garantisce uve di alta qualità e si adatta perfettamente al clima del territorio cirotano.

mercoledì 14 marzo 2018

Le annate in degustazione...2002 pioggia abbondante!

 

Ieri ho avuto modo di rileggere un articolo, pubblicato sulla rivista “Civiltà del bere” scritto da Roger Sesto, inerente  tutte le annate in degustazione dal 2002 ad oggi, e subito mi è venuto in mente di condividerlo in questo blog, un po’ alla volta, sperando di suscitarvi curiosità.

Spero lo riteniate interessante ed utile...buona lettura

 
 
2002



L’inverno 2002 è stato particolarmente avaro di piogge, mentre le temperature minime sono state constantemente prossime a -10, le fredde temperature si sono protratte anche in primavera. A partire da fine maggio una serie di forti precipitazioni hanno causato un accumulo di acqua nel terreno che ha accelerato la crescita della vite. Tali piogge si sono protratte anche nei mesi di luglio ed agosto, unitamente a temperature insolitamente basse e hanno causato un rapido accrescimento degli acini. Le migliori condizioni di settembre e ottobre hanno parzialmente favorito la maturazione dei vitigni tardivi. La quantità di uva prodotta è stata tra le più esigue di sempre. 
 
 

Manuel Silvestri






sabato 10 marzo 2018

La malolattica

Termine, per amanti del vino ed operatori del settore, molto utilizzato e a volte poco chiaro...sarebbe più opportuno parlare di conversione e non di trasformazione, vediamo perché...
 



Fermentazione Malolattica

 

Un processo sottovalutato e poco compreso in passato, la fermentazione malolattica è un fenomeno essenziale per la stabilità biologica dei vini rossi

  Uno dei principali problemi che si affrontano dopo il termine della fermentazione alcolica è rappresentato dalla stabilità biologica del vino. Al termine della fermentazione alcolica - o fermentazione primaria - il vino è piuttosto fragile e senza le opportune misure preventive, le probabilità che si sviluppino degenerazioni di varia natura sono molto alte. Le possibilità di maturazione e di conservazione di un vino dipendono non solo da certi componenti naturalmente presenti - come alcol, zucchero, acidi e polifenoli - ma anche dalla stabilità biologica, ottenuta mediante l'eliminazione di batteri e sostanze nocive, evitando l'esposizione del vino a condizioni avverse. Uno dei processi che certamente migliora la stabilità biologica del vino è rappresentato dalla fermentazione malolattica, detta anche fermentazione secondaria. Nonostante questo processo sia utile alla stabilità del vino, è bene ricordare che nei vini bianchi la fermentazione malolattica è generalmente evitata.

 Botti e barrique sono i contenitori dove generalmente si svolge la fermentazione malolattica

 La conoscenza e lo studio della fermentazione malolattica è una conquista piuttosto recente, avvenuta nel corso del 1900. Fin dal 1600 i produttori di vino avevano notato una certa diminuzione di acidità nei vini “pronti”, pur tuttavia non riuscendone a comprendere le cause. Un passo significativo fu fatto nel 1800, quando questa diminuzione di acidità fu attribuita alla scomparsa dell'acido malico dal vino, e si dovrà attendere il 1900 per comprendere finalmente che questa diminuzione era causata da specifici batteri che avevano il potere di degradare l'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Poiché durante questo fenomeno si sviluppa anche anidride carbonica, fu definito come fermentazione malolattica, equiparandolo cioè a un processo fermentativo e i batteri responsabili del fenomeno furono definiti lattici. Studi successivi hanno dimostrato che la fermentazione malolattica non è un processo fermentativo: si tratta di un fenomeno di origine enzimatica nel quale si verifica la degradazione dell'acido malico in acido lattico e questa reazione svolge effetti positivi solo in alcuni vini.

 


 Al termine della fermentazione alcolica - oppure poco prima del suo naturale termine - il vino può apparire torbido, si libera anidride carbonica, si osserva un cambiamento di colore e l'acidità totale si abbassa generalmente di 0,5-1,5 grammi per litro, fino a circa 4 grammi per litro. Questi cambiamenti sono il risultato della fermentazione malolattica, un processo che può verificarsi subito dopo la fermentazione alcolica - quando si verificano le opportune condizioni - oppure in primavera, quando la temperatura comincia a rialzarsi. La temperatura è infatti uno dei fattori che determinano l'avvio di questo processo. Per motivi legati alla stabilità, generalmente si tende a favorire l'avviamento della fermentazione malolattica subito dopo quella alcolica, così da avere sia un vino pronto in minore tempo sia un vino più stabile dal punto di vista biologico. Prima di comprendere come favorire il processo della fermentazione malolattica, cerchiamo di capire di cosa si tratta e quali sono i suoi effetti sul vino.

Come già detto, definire questo processo come fermentazione malolattica è improprio, poiché non si tratta effettivamente di una fermentazione, piuttosto di una degradazione dell'acido malico in acido lattico e anidride carbonica per opera dei batteri lattici. Questi batteri appartengono a diverse specie, fra queste le specie Leuconostoc e Lactobacillus. L'azione svolta dai batteri lattici, così come l'attivazione della loro funzionalità, dipende da diversi fattori, in modo particolare dal pH del vino e dalla temperatura. Quando si verificano le giuste condizioni, la fermentazione malolattica determina una disacidificazione biologica del vino, con una diminuzione dell'acidità totale e l'aumento del pH, generalmente di 0,1-0,2. Dal punto di vista organolettico, il vino risulterà al gusto più morbido - a causa della presenza dell'acido lattico, meno aggressivo di quello malico - e anche gli aromi saranno più complessi e “maturi”. Per questi motivi, la fermentazione malolattica si ritiene indispensabile per la qualità dei vini rossi, nei quali è sempre favorita.

 Per i vini bianchi, la fermentazione malolattica sarà favorita in funzione del tipo e delle qualità organolettiche che si vogliono conservare o sviluppare. Nei vini bianchi secchi e nei rosati, nei quali si conservano generalmente la freschezza dell'acidità e gli aromi “giovani” di frutta e fiori, è opportuno evitare la fermentazione malolattica. In questi tipi di vini, la fermentazione malolattica può essere svolta - anche parzialmente - nel caso l'acidità sia eccessiva, tuttavia si perderà anche parte della freschezza aromatica. La fermentazione malolattica è talvolta svolta in alcuni vini bianchi secchi destinati alla maturazione in barrique, rendendo in questo modo il vino più “morbido” con aromi più “maturi” e complessi. La fermentazione malolattica va in ogni caso evitata nei vini che hanno una certa quantità di zuccheri residui poiché l'attività dei batteri lattici potrebbe provocare nel vino la comparsa dello spunto lattico - detto anche fermentazione mannitica - causato dai batteri lattici che, attaccando gli zuccheri, li trasformano in acido acetico e lattico, con un conseguente gusto di “agrodolce” nel vino.

 

Le Condizioni Favorevoli

 Molti sono i fattori che condizionano l'avvio della fermentazione malolattica, fra questi la temperatura, motivo principale che ne impedisce lo svolgimento subito dopo la fermentazione alcolica. Infatti, al termine della fermentazione alcolica, soprattutto nelle zone più fredde, l'abbassamento stagionale della temperatura - seguita poi dall'inverno - impedisce l'avviamento della fermentazione malolattica che, qualora si verifichino le giuste condizioni, inizierà in primavera, quando cioè la temperatura si rialzerà. La temperatura influisce sulla velocità di moltiplicazione dei batteri lattici e sulla velocità della reazione. La temperatura ottimale per l'avviamento della fermentazione malolattica è compresa fra i 18 e i 20° C. È opportuno che la temperatura sia mantenuta costante entro questo intervallo e che non superi comunque i 22° C, poiché in questo modo si favorisce lo sviluppo di acidità volatile. Oltre i 30° C, la fermentazione malolattica si interrompe, mentre a temperature inferiori a 15° C il suo svolgimento risulterà molto lento oppure bloccarsi completamente.

L'anidride solforosa, ampiamente utilizzata in enologia, svolge un ruolo importante nell'attivazione della fermentazione malolattica e del suo svolgimento. I batteri lattici sono più sensibili all'anidride solforosa rispetto ai lieviti, pertanto, quando presente in dosi eccessive, la fermentazione malolattica può anche non verificarsi, anche in presenza delle giuste condizioni determinate dagli altri fattori. Si ritiene che una quantità di anidride solforosa libera superiore a 10mg per litro impedisca la fermentazione malolattica, mentre valori inferiori a 5mg per litro non influiscono sul suo svolgimento. La maggioranza dei batteri lattici sono anaerobici, pertanto il loro sviluppo e la loro attività è favorita in condizioni di assenza di ossigeno e in presenza di anidride carbonica. Per questo motivo, al momento della svinatura, sarà opportuno effettuare travaso senza il contatto con l'aria e il recipiente sarà mantenuto ben colmo così da evitare anche lo sviluppo di batteri acetici e quindi del difetto di acescenza.

 

 L'acidità del vino è un altro fattore che influisce sull'attivazione e lo svolgimento della fermentazione malolattica. Nel caso in cui il vino abbia un valore di pH inferiore a 3,2 - quindi un vino molto acido - l'attivazione della fermentazione malolattica sarà molto difficoltosa e con molta probabilità non si verificherà affatto. Con valori di pH superiori a 4,5 la fermentazione malolattica avrà uno svolgimento molto lento. Il valore ottimale di pH è di 4, tuttavia valori di circa 3,4 sono già favorevoli. Nel caso in cui il vino fosse troppo acido - impedendo quindi la fermentazione malolattica - sarà opportuno diminuirla, tuttavia è bene ricordare che questa correzione dovrà essere effettuata dopo la fermentazione alcolica. La disacidificazione del vino dovrà essere effettuata con l'addizione di specifici prodotti chimici - in particolare il bicarbonato di potassio - generalmente reperibili nei negozi specializzati in enologia.

Nonostante questo possa sembrare superfluo, l'attivazione e lo svolgimento della fermentazione malolattica richiede la presenza di una sufficiente popolazione di batteri lattici nel vino. I batteri lattici sono naturalmente presenti nella pruina - lo strato di sostanza cerosa protettiva che ricopre la buccia dell'acino d'uva - pertanto durante l'ammostamento e la pigiatura dell'uva saranno sono trasferiti nel mosto. Alcuni processi di vinificazione, in particolare le operazioni che riguardano l'aggiunta di anidride solforosa, potrebbero ostacolare l'attività dei batteri lattici, rendendo quindi la fermentazione malolattica difficoltosa. In questi casi si può ricorrere a due metodi diversi, assicurandosi tuttavia della presenza di tutti gli altri fattori che favoriscono lo svolgimento della fermentazione lattica. Il primo metodo consiste nell'aggiungere del vino nel quale la fermentazione malolattica sia già attiva - quindi ricco di batteri lattici - mentre il secondo consiste nell'aggiunta diretta di colture di batteri lattici, reperibili nei negozi specializzati in enologia.

 

 Svolgimento della Malolattica

 Prima di eseguire i controlli sullo svolgimento della fermentazione malolattica, è necessario che questa inizi la sua attività. In ogni caso, nei vini che richiedono lo svolgimento della fermentazione malolattica, è opportuno che questo processo sia svolto subito dopo la fermentazione alcolica, senza attendere l'arrivo della primavera, assicurando quindi una migliore stabilità biologica al vino. Al termine della fermentazione alcolica e dopo avere svinato il vino, si cominceranno a predisporre i fattori che favoriscono l'attivazione della fermentazione malolattica, in particolare la temperatura. Dipendentemente dalle condizioni della stagione, la temperatura potrebbe anche essere inferiore ai 18° C, pertanto sarà necessario riscaldare il locale utilizzato per la produzione di vino. Nonostante la produzione casalinga di vino non consenta di eseguire tutti i controlli necessari, sarebbe opportuno assicurarsi anche sulla presenza degli altri fattori favorevoli, come la quantità di anidride solforosa e il pH, quest'ultimo misurabile con uno specifico strumento, pertanto di difficile determinazione nel nostro caso.

Qualora le condizioni per l'attivazione della fermentazione malolattica siano tutte presenti ma il fenomeno stenta il suo avviamento, è molto probabile che nel vino non sia presente una popolazione sufficiente di batteri lattici. Come già detto, in questo caso sarà opportuno aggiungere una parte di vino già in fermentazione malolattica, oppure una coltura di batteri lattici così da favorire l'attivazione del processo. I batteri lattici sono solitamente disponibili in forma liofilizzata presso i negozi specializzati in enologia. Prima di aggiungere i batteri è necessario procedere con la loro riattivazione poiché è indispensabile che questi siano aggiunti al vino quando sono in piena attività. Le modalità di riattivazione variano a seconda del tipo di batteri impiegati, pertanto sarà opportuno fare riferimento alle indicazioni suggerite dal produttore. Quando la fermentazione malolattica avrà iniziato la sua attività, nella superficie del vino si noteranno delle piccolissime bollicine: si tratta dell'anidride carbonica prodotta dalla degradazione di acido malico in acido lattico.

 Ci sono casi nei quali la fermentazione malolattica deve essere evitata, come per esempio nei vini bianchi e rosati nei quali si preferisce mantenere la freschezza degli aromi e una buona acidità. Il metodo più semplice è quello di non favorire le condizioni sopra riportate, tuttavia alcune di queste potrebbero risultare rischiose per la salute del vino dando origini ad alterazioni. Il metodo più pratico e semplice per evitare lo svolgimento della fermentazione malolattica è quello di aggiungere un'opportuna dose di anidride solforosa al vino, così da ostacolare l'attività dei batteri lattici. Un altro metodo consiste nel mantenere il vino a una temperatura inferiore a 18° C, così da impedire l'attività dei batteri lattici. Il metodo migliore consiste comunque nell'utilizzo combinato di entrambi i metodi, provvedendo ad aggiungere anidride solforosa dopo il termine della fermentazione alcolica - in questo specifico caso si consigliano generalmente 8-10 grammi di SO2 per ogni cento litri - provvedendo subito dopo a mantenere il vino a una temperatura inferiore a 18° C, così da evitare, inoltre, lo sviluppo di gusti negativi, come quello di mercaptano o di idrogeno solforato.

 

 

 

martedì 6 marzo 2018

IL SALAME DI VARZI DOP


IL SALAME DI VARZI DOP…un’altra “grande” eccellenza!

 

Il Salame di Varzi è un’eccellenza a marchio D.O.P. e un prodotto tradizionale
della Valle Staffora. La qualità e la genuinità del Salame di Varzi dipendono esclusivamente dal rigoroso rispetto da parte di abili artigiani salumieri dell’antica ricetta unita alle condizioni climatiche del territorio dell’Oltrepò Pavese montano.

 

 


Oggi la produzione del Salame di Varzi segue le stesse ricette e procedimenti di un tempo. Sebbene si sia dato spazio all’utilizzo di attrezzature più moderne, si può affermare con fierezza che la produzione dell’insaccato avvenga ancora secondo tradizione.

A seconda del periodo e del luogo di stagionatura il prodotto presenta profumi speziati più o meno marcati, lievi sentori di muffa e fragranza di crosta di pane, aromi erbacei di legno verde e di mimosa. Il sapore è dolce e delicato, con un aroma fragrante e caratteristico, un retrogusto leggermente amarognolo strettamente condizionato dal periodo di stagionatura.

Il Salame di Varzi è stato iscritto nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette”, con Reg. CE n° 1107/96 della Commissione del 12/06/96, ai sensi del Reg. CE n° 2081/92. Dal 2005 il Salame di Varzi D.O.P. è garantito dal MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) attraverso i controlli eseguiti da Istituto di certificazione incaricato.

Il Salame di Varzi DOP si presenta al consumo con il sigillo di certificazione che lo ha accompagnato dal laboratorio di produzione sino alla fine della stagionatura.



Le caratteristiche di riferimento in funzione del diametro e del periodo di stagionatura sono:

 

CONSISTENZA: impasto tenero e compatto, morbido al tatto non deve presentare spazi vuoti;

ASPETTO AL TAGLIO: di colore rosso vivo con presenza della parte grassa perfettamente bianca, assenza di parti connettivali, assenza di zone rancide e di corona esterna ingiallita;

PROFUMO: a seconda del periodo di stagionatura il prodotto presenta profumi speziati più o meno marcati, lievi sentori di muffa e fragranza di crosta di pane, alterni aromi erbacei di legno verde e di mimosa. Delicati indizi di riferimento alla cantina di stagionatura. Assoluta assenza di lezzo di suino e di tutte le puzze sgradevoli legate alla cattiva lavorazione, pulizia e negligente conservazione.

SAPORE: dolce e delicato, aroma fragrante e caratteristico, retrogusto leggermente amarognolo strettamente condizionato dal periodo di stagionatura.

Non deve esistere spiccato indizio di aglio.

 

 

sabato 3 marzo 2018

Formaggi ed emozioni...Massimo Iafrate

Proprio ieri ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Massimo Iafrate, dato l'enorme successo del suo articolo postato sul mio blog, per il quale ringrazio lui e tutti i lettori e si parlava del più e del meno circa alcuni produttori di formaggi.
Tenendo conto della sua esperienza pluridecennale sul settore e considerando poi che da molti anni svolge lezioni sul tema in quasi tutto l' Abruzzo e non solo gli ho chiesto di indicarmi qualche azienda che secondo lui fosse meritevole di considerazione.
Indovinate un po' cosa ho scoperto?
Un altro articolo pubblicato in una rivista nazionale che parla di un grandissimo produttore di formaggi del Molise  al quale lui ha dedicato un articolo e che prometterò di visitare quanto prima!
 
 Non capisco proprio perché questi articoli debbano essere nascosti...proprio per questa ragione lo condividerò con voi...buona lettura.


La bellezza, il fascino ed il vissuto di una regione è legato indissolubilmente al contesto culturale e territoriale che la circonda. I confini politici, spesso, non tengono conto di questi vincoli e legami che fondano le radici nella storia stessa di un territorio. La nostra terra, l’Abruzzo, ha un valore aggiunto, la bellezza, la storia e la cultura dei paesaggi, delle etnie che la circondano. Legami indissolubili che il tempo, a volte, sembra scalfire. Un viaggio nel cuore del Molise, quindi, è il pretesto per riscoprire in un certo senso la nostra tradizione, ma anche un pò… se stessi.

Diciamocela tutta, quando ci muoviamo è sempre per seguire un nostro interesse, e per me il mondo dei Formaggi è più che un interesse, quindi cosa c’è di meglio che andare nel cuore del Molise, ad Agnone, a salutare qualche amico produttore per vivere una giornata diversa in un piccolo caseificio? Un amico, un “casaro”, uno dei pochi rimasti, che ancora usa le… mani ed il latte, per “fare” il formaggio, il che non guasta.

Agnone è un’austera località posta a 840 metri a guardia della valle del Verrino, è custode di una storia antica ed importante. Con i suoi 14 campanili è sempre stata testimonianza di un legame stretto con la cristianità più profonda. Non è chiaro ancora se il paese fosse o meno la mitica Aquilonia, celebre capitale dei Sanniti, ma di sicuro, anche grazie alla sua centrale posizione geografica, è sempre stata un crocevia di testimonianze, di cultura che l’hanno caratterizzata fino ai tempi nostri. L’importanza e la grandezza dell’artigianato ha segnato l’antichità tanto quanto il suo presente, la Pontificia Fonderia Marinelli, dall’anno Mille fino ai giorni nostri, crea le campane apprezzate in tutto il mondo per la splendida e rigorosissima fattura. Una storia di mille anni racchiusa in una fonderia, in un museo, tutto da visitare.

Agnone, lontana dalle usuali direttrici di comunicazione quali l’Adriatica e la Tirrenica, è sempre stata, invece, un punto di riferimento per chi percorreva, secolo dopo secolo, la via dei Tratturi. Queste “autostrade rurali” erano un modo di vivere il mondo conformandosi all’unico ritmo che la natura dettava. Essi hanno caratterizzato la vita di tutti popoli dell’Italia appenninica, toccati da questo trasumare incessante.

Proprio nei sentieri di questo partire, tornare, vivere di sacrificio, nel paese di Capracotta, affondano le radici della Famiglia Di Nucci. Già nel 1662 si hanno notizie certe che un avo della Famiglia, Leonardo, rivestiva l’ambita mansione di “massaro” e quindi, anche produttore di formaggi. Questa figura fungeva da direttore in un’azienda articolata in vari livelli, per arrivare ad esserlo, bisognava dapprima lavorare come semplici “conduttore di greggi o mandrie” per poi divenire “pastore”, dopo “casaro”, ed infine, grazie alla competenza, alla fiducia del Padrone, si diventava “Massaro”. Egli aveva tutta la responsabilità di organizzare il lavoro delle persone, gestire le mandrie, tenere i libri cassa, e persino amministrare lo sfruttamento di fondi agricoli per la pastorizia. Di tempo ne è passato, ed ora Franco Di Nucci, non si è allontanato dai vecchi insegnamenti, nell’area artigianale di Agnone, in una avanzatissima struttura, piena di… storia, di antiche conoscenze casare, “usa” la tecnologia e non lascia che accada il contrario. Con le mani, e non con i macchinari, nascono prodotti caseari di inequivocabile alta qualità. Lontano dalle lusinghe della fagocitante “Grande Distribuzione Organizzata”, “coltiva” ancora la genuinità di propri prodotti, rinunciando ai numeri, alle facili quantità, alle grandi economie di scala. Da sempre lavora solo ed esclusivamente latte reperito nella zona.

Tanti sono i prodotti tipici della cultura casearia Molisana, i famosi Caciocavalli, le scamorze appassite a pasta di caciocavallo, i burrini, gustose scamorze con un cuore di burro all’interno, ma uno su tutti spicca per fragranza, gusto ed originalità nella tecnica di lavorazione, la Stracciata.

Prodotto unico sul mercato, unico nella fattura. Il latte non viene trattato termicamente, e quindi la Stracciata è un prodotto fresco, a pasta filata, esclusivamente prodotto con latte crudo. Il latte viene portato alla temperatura di 36 – 40°, a seconda delle condizioni climatiche e della composizioni del latte stesso, quindi viene aggiunto del “siero-innesto” o “zizza”, derivato dalla lavorazione del Caciocavallo del giorno precedente. Di seguito, aggiunto il caglio, si lascia maturare per 20 – 30 minuti,  per poi procedere manualmente alla rottura della cagliata con lo “spino”. Si lascia riposare ed acidificare la cagliata stessa posta su di un tavolo chiamato “spersore”, fino al punto giusto di maturazione, quindi, ulteriormente triturata viene messa in mastelli, contenitori di legno naturale di faggio o cerro, e lavorata manualmente con palette di legno ed acqua riscaldata a temperature di 90°, fino a farla diventare diventa una pasta elastica ed omogenea. Inizia allora  la “filatura”, si, proprio come nella lavorazione della lana la pasta viene stirata, sfilacciata, filata. Due persone, con mani veloci e sapienti, si passano la pasta stirandola, lavorandola,  fino a creare una striscia di lunghezza variabile, larga circa cinque centimetri e spessa poco meno di uno. Dopo che la pasta viene messa a rassodare in acqua fredda, si passa in salamoia e successivamente, “stracciandola”, da qui logicamente il nome, viene porzionata in strisce ripiegate tre volte, ecco pronta la Stracciata!

 L’uomo, solo l’uomo può produrre questo, decidendo temperature, tempi di lavorazione ed infine creandola con le proprie mani.

Restare in silenzio a guardare dei gesti che creano emozioni, è quasi come entrare in un mondo che non ci appartiene…  Arricchirsi, rubando nuove esperienze.

Raccontare di emozioni è facile tanto quanto convincere un  Sommelier a diventare astemio, quindi le emozioni bisogna viverle, provandole. Un viaggio serve proprio a questo, serve ad accrescere ed ampliare i nostri confini, i confini della propria mappa del mondo.
Massimo Iafrate
 


giovedì 1 marzo 2018

Sensazioni e Sentimenti di Massimo Iafrate

Proprio ieri mi è capitato tra le mani un articolo, già pubblicato in diverse riviste e parte integrante di un libro, scritta dal Sommelier professionista, nonché delegato dell'Associazione Italiana Sommelier della marsica, Massimo Iafrate, mio carissimo amico, che reputo molto interessante e vorrei condividerlo con voi...buona lettura!

 
MASSIMO IAFRATE IN UNA DELLE SUE TANTE LEZIONI
 

Sensazioni e sentimenti

 
Non so se a voi è capitato mai di uscire una sera con la ferma intenzione di sedervi ad un tavolo di un ristorante con la simpatica compagnia di... voi stessi.
A noi “single per scelta”, questo tipo di cose, riesce meglio che ad altri.
Forse lo facciamo perché vogliamo dimostrare a noi stessi che possiamo “bastarci”, o forse perché il solo pensiero di dover cucinare, sporcare, pulire quella sera ci atterrisce, magari invece, facciamo questo solo perché ne abbiamo voglia.
Sedere, da solo, ad un tavolo di un ristorante è per me come scendere da un treno in una piccola stazione, sedermi tranquillo in disparte su una panchina vicino ai binari e fermarmi a guardare il passare incessante ed indaffarato dei “vagoni” delle vite altrui…
In una sera di queste, qualche giorno fa, nel ristorante di un mio caro amico Angelo, in un locale dove non hai bisogno di consultare menù e carta dei vini tanta è la conoscenza, la fiducia e quasi nulla la probabilità di sbagliare nello scegliere, aspettavo sua sorella per ordinare,  Emanuela, la sempre sorridente cameriera ai tavoli.
Aspettando, mi guardavo intorno….guardavo passare le… “carrozze” della vita degli altri, seduto felicemente sulla mia panchina….
Il mio sguardo è caduto su una coppia che, pochi tavoli da me, ingannando anche loro l’attesa, parlavano tra loro.
All’aspetto tradivano una età non molto lontana dalla mia, ma erano certamente più giovani, più acerbi.
Lei, persa negli occhi di un Lui molto pieno di se.
Lei con una carnagione bianca, quasi di porcellana, delicata, mi dava una sensazione di dolcezza infinita, di una persona che nasconde dentro di se un mondo, un universo di emozioni che manifestava, chiaramente, voler condividere con Lui. Il gesto impercettibile di avvicinare la mano sul tavolo per cercare quella del compagno tradiva tutto questo.
Lui, una persona che parlava senza prestare attenzione a chi lo stesse ascoltando, era disattento, ancora di più, verso l’unica persona che lo stava “sentendo”.
La sua distrazione, la sua insensibilità, quella di non accorgersi nemmeno del gesto di Lei, confermavano le mie intuizioni.
I gesti di Lui, quasi eccessivi, troppo veloci, indicatori, erano in completa dissonanza con il tono che mi sembrava essere quello di un normalissimo raccontare qualcosa che non richiedesse affatto tale enfasi. Mi dava l’impressione di una persona, priva di un equilibrio interiore, che cercava di “urlare” il contrario agli altri senza convincere neanche se stesso.
 
Gli uomini, ed io per primo, lasciano che le sensazioni del mondo che li circonda, divengano percezioni riconosciute e decodificate servendosi delle conoscenze più profonde e radicate utilizzando i mezzi che sentono più propri, così da arricchire la propria mappa del mondo.
Io amo comunicare, e questo vuol dire fermarsi ad ascoltare, osservare.
Io amo degustare ed abbinare e questo vuol dire soppesare, valutare e decidere.
 
Osservare quelle due persone, mi ha immediatamente portato alla mente un…abbinamento.
Lei delicata, quasi di porcellana, con un “cuore” nascosto all’interno, pieno di emozione…una bellissima mozzarella di bufala.
Una mozzarella con una “buccia” liscia, lucida, croccante che nasconde dentro un mare di sapore e di liquido pronto ad esplodere se solo qualcuno “capace”, si fosse preso la briga di aprirla con esasperante delicatezza…. Bellezza, gusto e percezioni sorrette da una sapidità sobria e mai eccessiva. Ravvivato, il tutto, da una “fresca”, leggera, tendenza acida… proprio come Lei mi appariva…..
Lui un “rosso troppo giovane”, come se ne trovano purtroppo tanti in commercio.
La fretta ed il bisogno delle aziende di monetizzare, di vendere le spinge sempre più a forzare i tempi con il risultato di offrire al cliente un prodotto, spesso, ancora acerbo.
Lui, dicevo, un rosso impetuoso che ancora lontano da un sobrio equilibrio, un rosso che afferma se stesso più di ogni altra cosa, che non si piega a compromessi, che non ha la giusta eleganza, propria della maturità, l’eleganza del saper donarsi.
Un susseguirsi di percezioni non composte, che sovrastavano le dolci e delicate caratteristiche di chi aveva al suo fianco, e come spesso succede, un tannino non maturo, aggressivo, abbinato alla sottile tendenza acida e sapida di fondo di Lei, non lasciano altro in bocca che una spiacevole percezione di amaro….l’amaro che si prova guardando due persone così distanti….
 
Vagando con i sensi, piacevolmente allertati dal sottile “gioco” che mi stava entusiasmando, la mia attenzione venne catturata da una coppia che, appena entrata, si stava dirigendo ad un tavolo ancora libero.
Belli…. La classica coppia, all’apparenza “perfetta”. Lui bel fisico, vestito con cura e senza lasciare niente al caso, precedeva la sua Lei che non lasciava, a sua volta…scampo.
Una bellissima donna che, al passaggio, catalizzava gli sguardi e l’attenzione della platea maschile, tanto quanto suscitava le occhiatacce di mogli, poco inclini a tollerare gli apprezzamenti e gli sguardi torvi dei loro mariti.
 Sembrava uscita dalla copertina patinata della rivista più trend di moda donna.
Lui accomodatosi, parlava, rivolgendosi a Lei con una calma studiata, sembrava però, parlasse…da solo…dicesse le cose per se. Mentre discorreva guardava, in maniera ricorrente, tutto intorno a se, come per compiacersi dell’alto tasso di…gradimento.
Lei, invece, sembrava essere su un altro mondo. Non aveva affatto bisogno di valutare quanto interesse riscuoteva, lanciava solo sguardi distratti e di sufficienza a chi la stesse ammirando, come per dire: “….lo so che piaccio, ma Io non mi abbasso a voi…”.
Lui con una personalità ed una autostima importante, con la voglia di “affermarsi”, di piacere, malcelata. Lei con la sua sufficienza, propria di chi sa su cosa far leva, si lasciava ammirare, consapevole di essere quello che voleva….. una donna desiderata.
Lui mi faceva pensare ad un pecorino… deciso nel gusto, che espandeva il proprio aroma in sala, con un carattere formato da una lenta maturazione ma lontano da un buon affinamento. Guardando Lei sembrava di avere nel calice, un bianco strutturato del Friuli. Un vino tanto piacevolmente “costruito” e sorprendente alla vista ed all’olfatto, quanto “corto”, a volte, al gusto. Un vino che chiude spesso con una percezione di amaro alla base della lingua, l’amaro di scoprire una persona con una stupenda bellezza ma che trasmetteva una così spiccata…. aridità.
 
Due binari che sembrava non avessero alcuna possibilità di…incontrarsi.
 
….e poi l’ho notato….
 
Guardavo estasiato l’armonia di un….”balletto”….pochi tavoli di distanza, in disparte…..
 
Lui parlava con Lei, entrambi persi nell’anima dell’altro. Ogni volta che Lui si sporgeva verso la Lei, con un sincronismo perfetto, Lei, sembrava volesse, avvicinandosi, donarsi a Lui.
Un dialogo fitto fitto, fatto raramente di parole, fatto di gesti di assenso, di sorrisi dolci, di chiari segnali di profondo gradimento.
Le mani spesso, si cercavano e sfioravano sul tavolo senza alcuna coscienza di farlo, ogni sguardo, ogni movimento, mai fine a se stesso, sempre teso a cercare l’altro. Se qualcuno si fosse preso la briga di “caricarli”, tavolo compreso, per portarli fuori, nel bel mezzo della strada, loro non se ne sarebbero neanche accorti.
La cosa più stupefacente è che nonostante quello che chiaramente si percepiva fosse un’unica…entità, una fusione di…sensazioni e sentimenti…loro singolarmente rimanevano distinti, unicamente stupendi.
 
Un uomo ed una donna per poter vivere un amore, per poter condividere una vita devono essere dapprima delle sane entità… essere delle salde unicità, solo così una persona può donarsi all’altra senza cercare nell’altro quello che manca a se stessi, senza colmare i suoi vuoti con le certezze di chi abbiamo accanto, ma soprattutto senza lasciare che l’altro ci travolga, ci stravolga.
E’ così negli abbinamenti, nessuno dei due prevarica l’altro ma si fonde e crea delle percezioni più complete, crea un insieme di…sensazioni e sentimenti unici….
La più importante concordanza in un abbinamento è la struttura, tanto un piatto è strutturato tanto deve esserlo il vino, questo spiega il tutto definitivamente.
 
Abbinare perfettamente è come vivere un amore, un’amicizia….. che dura tutta una vita….
 
Lui…un elegante e vivace spumante metodo classico, maturato lentamente in bottiglia….sui propri “lieviti”…. Un uomo che trae la sua maturità, da un lungo affinamento e dalle rifermentazioni di una vita pienamente e coscientemente vissuta.
Un uomo che ha costruito la sua maturazione…vivendola nella “propria bottiglia”, senza lasciare che altri la vivessero per lui in un grosso contenitore….
Tutte quelle fini ed eleganti bollicine, quel suo brillante perlage, risultava molto composto, mai eccessivo, ma soprattutto sorretto da una profondità di aromi, imponenza del corpo che piacevolmente lo completavano.
 
Lei sbarazzina, sempre sorridente, all’apparenza fragile e delicata, nascondeva, dietro uno sguardo profondo e cosciente, un’ampia e complessa personalità. L’aroma delicato e fragile di un caprino fresco francese che stupisce per l’imponenza delle sensazioni, per la durata delle percezioni che riescono a donare in un equilibrio perfetto. L’imponenza nascosta dietro una sottile fresca acidità. Una donna che, all’apparenza fragile, delicata, la vita aveva reso intensa, profonda, e piena di interessanti sfaccettature.
 
La maturità di Lui, celata dietro una bellissima effervescenza, si fondeva con la profondità di Lei, con l’imponenza del suo essere donna. La freschezza di Lei, la penetrante acidità, erano stupendamente in sintonia con la decisa ed elegante effervescenza di Lui.
Sembrava che ogni tassello di una bellissima unione avesse trovato il suo preciso collocamento…. Guardarli, osservarli dava una profonda sensazione di serenità di…completamento…..
 
”….il tuo antipasto, Massimo….. “
 
Un sorriso di Emanuela mi destò mentre, ancora assorto nei miei pensieri, il mio sguardo vagava a pochi tavoli di distanza, in disparte…..
 
Mi chiedo spesso una cosa: se nella vita non avessi imparato a degustare, ad affinare i miei sensi, non mi fossi sforzato a capire me stesso per comprendere meglio gli altri, quanto diversa e piatta sarebbe stata la mia esistenza?
 
Quanti “vagoni” avrei visto passare senza rendermi conto che anch’io…. esisto?