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Il blog nasce con lo scopo di far conoscere  e di valorizzare quanto più possibile le "infinite" eccellenze enogastronomiche Itali...

mercoledì 28 febbraio 2018

Macerazione carbonica Criomacerazione di Manuel Silvestri


Spesso, anche impropriamente, sentiamo parlare di CRIOMACERAZIONE  e MACERAZIONE CARBONICA, vediamo, in poche righe, cosa sono e quali sono le differenze.


CRIOMACERAZIONE
 
Cosa significa criomacerazione? È un processo immediatamente successivo alla pigiatura dell’uva, con diraspamento annesso, e antecedente la fermentazione: il mosto e le bucce restano a contatto per 12-24 ore, raffreddate ad una temperatura di 5-8° C (più vicina ai 5 solitamente), per far sì che possano essere estratti gli aromi primari dell’uva presenti proprio nella parte interna della buccia. In questo modo si ottengono vini con profumi più intensi, fruttati e definiti. La bassa temperatura permette di non far partire la fermentazione alcolica e, al contempo, il contatto non troppo prolungato consente di estrarre poco tannino e un numero limitato di polifenoli: quindi poco colore, amaro e astringenza.
Cosa c’entra tutto ciò con un produttore di stampo artigianale come Ciro Picariello? Ebbene, secondo alcune fonti anche lui attua un processo simile, mantenendo il vino a contatto con le bucce a circa 8° C per 24 ore, secondo altre fonti attendibili questo non avverrebbe. In ogni caso non ci sarebbe nulla di illegale, nulla che veda coinvolti alambicchi e formule magiche o pratiche consentite ma poco “naturali”, come il ghiaccio secco: a Summonte, nel periodo di raccolta ad ottobre inoltrato, il freddo è pungente (lo posso testimoniare) e magari, con l’aiuto del meteo, il buon Ciro attua una macerazione a freddo prima della fermentazione. Può una pratica del genere essere assimilata ad una criomacerazione? A sensazione direi di no (ma sono pronto a ricredermi), perlomeno confrontando gli effetti sul suo Fiano con quelli che sono vini dichiaratamente criomacerati, e che a volte sono portati all’estremo con derive fruttate eccessive, quasi “sintetiche”.
 

MACERAZIONE CARBONICA

 
La macerazione carbonica è una tecnica di vinificazione che viene adottata per la produzione dei vini novelli e non prevede la pigiatura delle uve.

I grappoli interi vengono messi in una vasca satura di anidride carbonica o di azoto dove vengono lasciati per un periodo che va da 5 a 10 giorni a circa 30°C con l'aggiunta di anidride solforosa. Questa tecnica favorisce la formazione di sostanze profumate e glicerina, la migrazione dei pigmenti e di altre sostanze dalla buccia alla polpa e la distruzione di una parte dell'acido malico.

In queste condizioni le uve subiscono una fermentazione intracellulare o autofermentazione senza l'intervento dei lieviti che vengono aggiunti successivamente.
All’interno dell’acino si produce una fermentazione che, senza intervento dei lieviti, trasforma una piccola quantità di zucchero in alcool e si arresta quando le cellule muoiono per l’alcol e per asfissia.
La fermentazione sarà più rapida (2-4 giorni) ed i vini ottenuti avranno le seguenti caratteristiche:

Colori intensi e molto vivaci.
Profumi vinosi,floreali e fruttati.
Freschi ma già equilibrati.

Tannini delicati.

Inadatti all'invecchiamento.

martedì 27 febbraio 2018

EVENTO DA NON PERDERE!!


Uno dei Presidi Slow Food della Basilicata è il Pezzente della Montagna Materana
 
Il Pezzente della Montagna Materana è prodotto dai tagli meno pregiati del suino, ossia le parti più grasse: del resto, non a caso si chiama “pezzente”, era la salsiccia dei poveri, di coloro che non potevano permettersi salumi preziosi.  I suini sono rigorosamente di provenienza lucana: vengono da Picerno (PZ), un’altro paesino a circa 100 Km da Cirigliano e sono tutti allevati allo stato brado.  Altra particolarità del Pezzente è poi la concia, composta da ingredienti altrettanto “poveri”: semi di finocchietto selvatico lucano, essiccati all’ombra come vuole la tradizione per mantenerne l’aroma, la polvere di peperone dolce (peperone di Senise IGP), sale italiano e aglio fresco prodotto in loco.  Pertanto, non vengono utilizzati ingredienti “chimici”: né coloranti (la tipica colorazione rossa uniforme è data dalla polvere di peperone dolce), né conservanti o starter di alcun tipo.  Persino il budello utilizzato per l’insaccamento è un budello di suino naturale, nel pieno rispetto della tradizione.
 Il Pezzente della Montagna Materana viene poi appeso su apposite strutture e qui rimarrà per 4-5 giorni per asciugare a temperatura controllata, proprio come si faceva in passato. Segue, infine, il lungo periodo di stagionatura che avviene in appositi locali a temperatura controllata.  Il Pezzente della Montagna Materana non viene messo in commercio, infatti, se non trascorrono almeno 30 giorni di stagionatura; pertanto, la fase di stagionatura non viene accelerata perché l’obiettivo di Giovanni non é la quantità ma la qualità.  E quando si rispettano i tempi della natura il risultato è assicurato: un prodotto che assicura facilità nel taglio, uniformità del colore e un equilibrio gustativo incredibile.

Ho avuto l'onore e la fortuna di conoscere e di lavorare fianco al fianco, in un periodo di tempo passato ad EATALY  a Roma, uno, se non l'unico, produttore di PEZZENTE della Basilicata con il presido SLOW FOOD, Giovanni Ciliberti, persona eccezionale e grandissimo professionista, umile ma con una grande cultura e con una spiccata preparazione.

Mi ricordo ancora quando improvvisammo una pasta al pomodoro e sbriciolammo all'interno della padella il PEZZENTE DI MATERA, a mo' di salsiccia...aggiungemmo un po' di cipolla ed offrimmo ai passanti un'assaggio del piatto...fu un successone!!!

Quanto prima manterrò la promessa fatta Giovanni, a presto.



                                                                                                                                        Manuel Silvestri

   



 
 
 

lunedì 26 febbraio 2018

Un solo AGLIANICO e nove modi differenti di interpretarlo...

GENERAZIONE VULTURE
 
Venerdì sera, assieme al delegato dell' Associazione Italiana Sommelier marsica Marsica, Massimo Iafrate e ad altri colleghi della medesima associazione, abbiamo avuto modo di conoscere e di assaggiare L'Aglianico del vulture, promosso e valorizzato dai produttori appartenenti al gruppo  "generazione Vulture" in una splendida cornice romana.
 
Generazione Vulture è un TEAM di nove amici, tutti poco più che trentenni, che hanno deciso di girare l'Italia ed il mondo, facendo conoscere, quanto più possibile, questo fantastico vitigno e tutte le sfaccettature diverse che lo stesso offre in special modo se impiantato in territori e zone diversi.
 
Questa è l'Italia che ci piace, bravi ragazzi!!!
 





 
Viva il MADE IN ITALY  
 

venerdì 23 febbraio 2018

La ricetta della settimana

Ogni settimana per voi  nuove ricette, preparate da grandi professionisti del settore, utilizzando solo ed esclusivamente prodotti ITALIANI, facili e veloci da realizzare...

Piadina romagnola  al BLUCOLI con PROSCIUTTO DI PARMA e pomodorini secchi.

Pochi ingredienti, tutti nostrani, per un gusto esplosivo: la piadina al gorgonzola con crudo e pomodori è una ricetta semplice che unisce due fra i prodotti più apprezzati e rappresentativi della cucina italiana.







 

Elenco di tutte le DOP ed IGP Italiane

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2090

giovedì 22 febbraio 2018

Passito di Pantelleria

Passito di Pantelleria...provatelo con i formaggi erborinati, naturalmente made in Italy!!

“L’oro giallo di Pantelleria”: ecco come viene definito il vino prodotto in questa splendida isola mediterranea, e che racchiude in sé i profumi di questa terra magica. Dolce e aromatico, profumato e intenso, il Passito di Pantelleria è un’eccellenza dei vini prodotti nell’isola, e rappresenta una vera e propria elite nel panorama dei passiti italiani.
Scopriamo insieme le caratteristiche di questo vino che tutto il mondo ci invidia.

 

Zona di produzione del Passito di Pantelleria

La storia della produzione del Passito a Pantelleria ha più di duemila anni. Già nel 200 a.C. Magone, generale cartaginese, così descriveva come si svolgeva la produzione dell’antenato dell’odierno Passito di Pantelleria:
Si raccoglievano i grappoli maturi, avendo cura di eliminare quelli ammuffiti o guasti, poi si esponevano al sole su una canna, curando di proteggerla dalla rugiada, coprendoli durante le ore della notte. Quando i grappoli erano diventati secchi si staccavano gli acini in una giara ricoprendoli di mosto. Dopo sei giorni si spremevano e si raccoglieva il liquido. Ultimata questa operazione, si pigiava la vinaccia aggiungendovi del fresco fatto con altra uva tenuta al sole per tre giorni. Infine sigillava il vino in vasi di creta, da aprirsi dopo una fermentazione di venti, trenta giorni…”.
E, da allora, non è cambiato molto; il riconoscimento della DOC (Denominazione di Origine Controllata) avvenne nel 1971.
Il Passito di Pantelleria è, come si desume dal nome, un prodotto esclusivo dell’omonima isola, che amministrativamente ricade nella provincia siciliana di Trapani. Non solo le uve devono essere prodotte a Pantelleria, ma sull’isola devono anche essere svolte tutte le operazioni di vinificazione, compreso l’appassimento delle uve. Infine, anche l’imbottigliamento deve avvenire all’interno della zona di vinificazione.

Vitigni utilizzati per il Passito di Pantelleria

Per la produzione del Passito di Pantelleria si utilizzano esclusivamente uve della varietà Zibibbo, conosciuta anche con i nomi di Moscatellone, Salamanna, Moscato d’Alessandria o, localmente, Moscato di Pantelleria.
La vendemmia si svolge solitamente nel mese di settembre, ma può anche cominciare nelle prime settimane di agosto, e viene generalmente effettuata a mano. A causa dell’estrema aridità del territorio, la produzione di uve è particolarmente scarsa: si parla infatti di un massimo, in genere, di solo un chilo e mezzo per pianta, per una produzione massima consentita di 10 quintali per ettaro. Se paragonati ai 70-120 quintali per ettaro prodotti in altre zone geografiche più favorevoli, ci si rende facilmente conto del motivo per il quale questo tipo di agricoltura sia stata definita “eroica”. Secondo il Disciplinare di produzione, la resa delle uve in vino non deve superare il 40%, per una produzione complessiva di 40 ettolitri per ettaro.
Merita sicuramente di essere descritta la modalità di coltivazione dei vitigni che danno origine al Passito di Pantelleria. La superficie “vitata” dell’isola si estende su circa il 70% del territorio agrario, e le viti sono coltivate principalmente con il metodo “in conca”. Come si può desumere dal nome, questa metodologia consiste nella coltivazione delle viti in buche nel terreno, che hanno il duplice scopo di proteggerle dal vento e dalla salsedine, e di trattenere la scarsa umidità del terreno.
La produttività limitata è indubbiamente compensata dalla sua qualità, che consente al vino ottenuto di avere caratteristiche del tutto eccezionali. In seguito alla raccolta, i grappoli migliori vengono selezionati e posti ad essiccare nel tradizionale stinnituri, un essiccatoio utilizzato anche per la produzione di pomodori e fichi secchi. L’essiccazione può anche essere condotta, tuttavia, lasciando i grappoli sulla pianta oltre il periodo di maturazione, sfruttando in questo caso l’azione del sole e del vento. Il Passito di Pantelleria viene, in tutto o in parte, prodotto con uve sottoposte a questi tipi di appassimento che, di solito, dura una ventina di giorni fino a quando il peso dell’uva, per effetto del caldo e del vento, si riduce al 60% rispetto a quello iniziale.
Quando le uve si trovano in queste condizioni, vengono pigiate e messe a riposare per alcuni mesi, solitamente in contenitori di acciaio inox. Il Passito di Pantelleria, per legge, non può essere immesso al consumo prima del 1° luglio dell’anno successivo alla raccolta delle uve. Questo vino può essere imbottigliato esclusivamente in contenitori di vetro, dotati di tappi di sughero, nelle capacità di 0.375, 0.500, 0.750 litri, 1 litro e un litro e mezzo.

Caratteristiche organolettiche e chimiche del Passito di Pantelleria

Risalta per il suo bel colore giallo dorato, che talvolta assume riflessi ambrati; in alcuni casi è addirittura di un intenso oro antico. Il profumo è fruttato ed aromatico, fragrante e caratteristico di moscato; ricorda in particolare i fichi secchi e la frutta matura. Il sapore è piacevolmente dolce, gradevole, caldo ed aromatico; sorseggiandolo, si possono intuire sentori di arancia candita, dattero, miele, uva passa e mirto.
Il titolo alcolometrico volumico minimo per il Passito di Pantelleria è di 20°, di cui almeno il 14% svolto. L’acidità totale minima è del 4 per mille, con un’acidità volatile massima di 1.6 grammi su litro ed un estratto secco netto minimo di 32 grammi su litro.

Modalità di servizio del Passito di Pantelleria e abbinamenti

Per essere apprezzato al meglio, il Passito va gustato freddo, alla temperatura di 10-12°C.
Eccellente per accompagnare il fine pasto, ben si sposa a preparazioni secche come la piccola pasticceria ed i biscotti, in particolar modo quelli tipici della tradizione siciliana come, ad esempio, quelli a base di pasta di mandorle o pistacchi. Il Passito di Pantelleria è in genere un ottimo accostamento a torte e crostate, ma anche a dessert a base di cioccolato; generalmente, il suo sapore dolce contrasta in modo intrigante con dolci contenenti confetture acidule come, ad esempio, ribes, frutti di bosco o marmellate di agrumi. Grazie alle sue caratteristiche, può essere anche adatto ad accompagnare sapori più forti come, ad esempio, nel caso dell’insolito accostamento con i formaggi erborinati o piccanti, o con il foie gras.
Il Passito di Pantelleria è inoltre ottimo servito come aperitivo e, al pari di altri vini corposi e spiccatamente alcolici, può essere consumato da solo come un eccellente vino da meditazione.

Perchè nasce questo blog?

Il blog nasce con lo scopo di far conoscere  e di valorizzare quanto più possibile le "infinite" eccellenze enogastronomiche Italiane.

Conosceremo insieme produttori, aziende, territori,  prodotti, personalità del settore, entreremo nel cuore delle loro attività scoprendo  le loro "filosofie" commerciali affiancati da professionisti del settore.

Per ciò che concerne l'aspetto vitivinicolo ci faremo guidare da professionisti dell'associazione italiana sommelier, di cui faccio parte.

Il blog terrà in considerazione solo ed esclusivamente le eccellenze enogastronomiche  Italiane (e non solo) e si asterrà tassativamente  da commenti e propagande politiche.


VIVA IL MADE IN ITALY!!

mercoledì 21 febbraio 2018

Comunicato Stampa Consorzio del Culatello di Zibello - POLESINE- ZIBELLO 11 luglio 2016

“Un percorso lungo un decennio, finalmente la tutela della denominazione generica Culatello è realtà”
Il presidente con grande soddisfazione dopo un decennio di intenso lavoro, informa che il 28 giugno 2016, è stato pubblicato il Dm a firma congiunta del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Agricoltura che regolamenta le produzione e la vendita del “Culatello”, termine largamente utilizzato nel corso degli anni per avvalorare salumi che nulla avevano a che vedere con questo prodotto.
Il 28 giugno 2016 segna quindi una data storica per la tutela di uno tra i salumi più tradizionali ed importanti al mondo. Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana è stato infatti pubblicato il decreto congiunto Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell’Agricoltura riguardante le modifiche al Dm 21 settembre 2005, “concernente la disciplina della produzione e la vendita di taluni prodotti di salumeria”.
Nella sua nuova promulgazione l’atto contiene la normazione della denominazione generica Culatello identificandolo come in effetti è, un insaccato.
Tale normativa costituisce una pietra miliare per la tutela di tutti i prodotti derivati dalla coscia del maiale e privi di cotenna (culatelli) ed in particolar modo per il Culatello di Zibello unico della famiglia a fregiarsi della DOP.
Anni di duro lavoro portato a termine con tenacia e determinazione dal Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello; un risultato storico che produrrà l’effetto di eliminare dal mercato tutte quelle denominazioni che si fregiano ingiustamente del termine Culatello, portato agli onori delle cronache soprattutto dalla Denominazione Protetta (Culatello di Zibello). Un indotto di milioni di pezzi prodotti nell’ultimo decennio che ha causato ricadute negative evidenti sul comportato del Re dei Salumi.
Scaduti i termini di proroga sarà quindi vietato utilizzare la denominazione di vendita “Culatello” per prodotti similari lavorati con tecniche diverse anche se possiedono la stessa base anatomica.
Il Dm prevede anche il divieto di impiego del termine nelle denominazioni, negli ingredienti e comunque nell’etichettatura o nella presentazione di prodotti nei quali non sia utilizzata la materia prima individuata e descritta nel decreto stesso, ovvero un prodotto insaccato e legato con spago di una stagionatura minima di 9 mesi.
Non sarà più possibile usare denominazioni di vendita quali: Culatello con Cotenna, Strolghino di Culatello, fiocco di Culatello ed altri prodotti simili ad oggi presenti nel panorama agroalimentare Italiano.
La soddisfazione del consiglio e di tutti i produttori del Culatello di Zibello è grande, un risultato storico ottenuto anche grazie all’impegno diretto dei funzionari e dei titolari dei dicasteri firmatari, i ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda, degli assessori all’agricoltura di Emilia Romagna e Lombardia Simona Caselli e Giovanni Fava oltre all’appoggio di: CCIAA Parma, sindaci dei Comuni dell’area di produzione del Culatello di Zibello DOP e Slow Food nella figura del presidente Carlo Petrini e di importanti opinion leader come Oscar Farinetti.
Con questo nuovo strumento di tutela si potrà agire più efficacemente per la difesa del nostro prodotto DOP creando maggior trasparenza nel mercato anche a garanzia del consumatore finale.

Il re dei salumi dalla tradizione alle nostre tavole

 
 
 
 
Il Culatello di Zibello è patrimonio, ricchezza, di quella particolare terra adagiata lungo il grande fiume Po e avvolta dalla nebbia, che è fattore determinante, regime climatico insostituibile per la maturazione e la stagionatura del Re dei Salumi, la cui arte, tramandata da generazioni, racchiude in sé la storia di una terra, le tradizioni della sua gente e le caratteristiche del clima particolare.
Dalle cantine della Bassa parmense alle tavole nazionali il percorso del Culatello è stato, storicamente, tutt’altro che breve.
Per molti secoli, infatti, il nome e il prestigio del Culatello sono rimasti circoscritti alle zone d’origine; patrimonio della gente della Bassa che sola sapeva apprezzarne il gusto e conservarne i segreti.
Poi il Re dei salumi ha conquistato visibilità ed estimatori anche al di fuori del territorio parmense, aumentando le richieste e mettendo a rischio l’unicità della produzione, da sempre nelle mani di pochi e genuini esperti.
A tutela della qualità e della tipicità del Culatello è stato creato il Co nsorzio del Culatello di Zibello.
 
 
Il culatello viene comunemente identificato come un salume insaccato in un involucro naturale, che solitamente è la vescica del maiale.
Grazie anche al prestigioso riconoscimento Europeo di Denominazione d’Origine Protetta – DOP (ottenuto con regolamento CE n°1263/96), oggi il consumatore ha imparato a conoscere ed apprezzare la squisitezza del “Culatello di Zibello”, un prodotto di salumeria costituito dalla parte anatomica del fascio di muscoli crurali posteriori ed interni della coscia del suino, opportunamente mondati in superficie e rifilati fino ad ottenere la classica forma a “pera”. Nella miscela di salagione sono presenti: sale, pepe intero e/o a pezzi ed aglio, possono inoltre essere impiegati vino bianco secco, nitrato di sodio e/o potassio nel rispetto dei rigorosi termini di legge.
denominazione origine protettaLa Denominazione d’Origine Protetta – anche DOP in sigla - è un marchio di qualità dell’Unione Europea che viene attribuito - in base a precisi regolamenti comunitari (*) - a quegli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono prodotti.
Definito “Re dei salumi” è sicuramente tra i più noti e celebrati; ogni anno poco più di 60.000 Culatelli di Zibello si possono fregiare della DOP e, da oggi, anche del marchio dei produttori aderenti al Consorzio di tutela del Culatello di Zibello: una garanzia in più di unicità e tipicità del Culatello di Zibello DOP.

L'area di produzione

Il Culatello nasce in zone caratterizzate da inverni freddi, lunghi e nebbiosi, ed estati torride ed assolate nelle zone intorno alle rive del Po nei paesi di Busseto, Polesine Parmense, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno. La giusta alternanza di periodi secchi ed umidi consente la lenta maturazione dei salumi, durante la quale si sviluppano gli inconfondibili profumi e sapori che hanno reso celebre nel mondo il Culatello di Zibello DOP.
 
 
...i segreti della cottura della carne



“Al sangue o ben cotta?”. Quante volte, davanti a un menu di carne, ci siamo sentiti rivolgere questa domanda. Eppure non esistono solo questi due estremi.

Il gusto della carne dipende dalla qualità della carne stessa, è ovvio. Ma anche la cottura può influire in modo determinante. Se intorno ai 140 gradi si sviluppa la reazione di Maillard (che permette di contenere all’interno della bistecca i succhi e generare il tipico aroma di carne arrostita), questo fenomeno deve essere rimanere solo in superficie.  Altrimenti otterremo la classica “soletta da scarpe”. Infatti, superati i 70 gradi, le proteine si denaturano. La temperatura della carne va allora misurata al cuore, nel punto più lontano dalla superficie. Se a quella profondità avrà la temperatura desiderata, corrisponderà a un determinato stadio di cottura.


BLUE
Ma come blu? Qui è tutto rosso! Esternamente la carne si presenta rosolata ma l’interno è decisamente crudo. Immaginando una tagliata alta due dita (mai unità di misura fu più genuina), dovrete cuocerla un minuto per lato. Ciò che conta, indipendentemente dall’altezza del taglio, è che la temperatura al cuore raggiunga al massimo i 30°C. Ottimo grado di cottura per gustare a pieno i sapori e la succulenza della carne. Per veri carnivori che amano addentare il ruggente richiamo della foresta.
 

 
                                                                                                                                          ...continua