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Il blog nasce con lo scopo di far conoscere  e di valorizzare quanto più possibile le "infinite" eccellenze enogastronomiche Itali...

lunedì 25 giugno 2018

IL TANNINO






COSA SONO, DOVE SI TROVANO E COME SI PERCEPISCONO...


Il tannino è una sostanza chimica presente negli estratti vegetali, appartenente alla famiglia dei polifenoli, comune nelle piante e negli alberi.
Nell’uva troviamo i tannini nella buccia (nelle uve a buccia scura), nei vinaccioli (i semi all’ interno dell’acino) e nel raspo (il gambo che tiene il grappolo).
È grazie ai tannini che il vino, specie il rosso, si conserva meglio, e, sempre grazie all’azione dei tannini, avremo le variegate sfumature che tanto apprezziamo nei vini rossi.
Al momento della vendemmia è importante che i raspi vengano tolti prima della pigiatura delle uve e che la stessa (la pigiatura) avvenga in maniera soffice, quasi delicata: in tale maniera si eviterà che vengano rilasciati dai raspi tannini troppo verdi o troppo forti dai vinaccioli, il che potrebbe influenzare negativamente il risultato finale.
In cantina, il tempo di macerazione e sosta del vino sulle proprie bucce avrà una tempistica decisa dall’enologo, in base al tipo di colore, corpo, struttura e astringenza che sarà poi caratteristica di quel vino, ma anche per dare allo stesso vino una maggior capacità di conservazione e durata nel tempo.
Sarà infine l’invecchiamento in botte a conferire l’apporto definitivo e finale dei tannini. È infatti il microcircolo di ossigeno che si verifica con il legno a trasferire al vino aromi e complessità olfattive. “Nella botte piccola c’è il vino migliore”: non a caso è nato il famoso detto popolare, infatti tanto più la botte sarà piccola (barriques o caratello) tanto più alto sarà il rapporto tra legno e vino.
Abbiamo visto che i tannini sono presenti negli alberi, ecco quindi l’importanza del legno delle botti. Una botte di rovere rilascerà nel tempo più tannini di altri legni usati per fare le botti, che siano quercia, castagno, ciliegio, acero. Nelle botti nuove i tannini saranno freschi e più evidenti, nelle botti più utilizzate verranno ceduti tannini morbidi e rotondi (ne sono esempi pratici i vini Amarone).
Ma qual è la caratteristica maggiormente evidente del tannino?
È l’astringenza.
Quella sensazione di secchezza in bocca, di mancanza di salivazione o, per fare il solito esempio figurato, il risultato del mordere un caco non maturo. Questa sensazione “allappante” è una qualità del vino e non un difetto, è ciò che fa sì che un vino rosso possa essere facilmente abbinato a piatti liquidi come una zuppa, o succosi e grassi come la carne alla griglia.
Un ottimo abbinamento è un Chianti Classico con una bella bistecca fiorentina dove i tannini morbidi e asciutti del vino sapranno preparare il palato al sapore deciso della carne.
E nei bianchi? In franchezza non si può proprio parlare di tannini nei vini bianchi, anche se in una minima percentuale della produzione totale si hanno degli esempi ben riusciti di vini con lunga macerazione sulle bucce, o di brevi passaggi in botte che risultano poi bianchi di corpo e struttura fuori dal comune, con sensazioni di spezie e vaniglia come alcuni Chardonnay australiani.

martedì 19 giugno 2018

Ad ogni vino il suo bicchiere...

Ad ogni vino il suo bicchiere...e attenzione alla giusta temperatura di servizio!

lunedì 18 giugno 2018

IL CICLO DELLA VITE












Parlando con un amico, ieri sera, lo stesso ha iniziato a farmi delle domande su come si sviluppa l'uva prima di diventare vino e le sue fasi, allora, dopo avendolo accontentato, ho deciso di pubblicare un piccolo riassunto inerente il ciclo della vite ed il suo percorso.


CICLO DELLA VITE

 

Il germogliamento e, quindi, lo schiudersi delle gemme, avviene in tardo inverno o inizio primavera (compatibilmente con la pazzia delle stagioni, si hanno a volte germogliamenti precoci che vengono poi disturbati da ricadute di temperature nei mesi successivi). L’uscita del germoglio avviene grazie alla temperatura esterna, che per la vite è di minimo 10°C, ed è determinata dalla vigoria delle viti, dalle forme di allevamento delle vigne e dalla densità di impianto e potatura.

Da questo momento il picco vegetativo si sviluppa velocemente fino a metà giugno: non è difficile rendersi conto di questo spettacolo naturale se ci si ferma a guardare la meraviglia dei terreni coltivati o delle colline ricamate di filari che via via che il tempo migliora si fanno più verdi e rigogliose.

Poco prima del germogliamento si effettua la potatura, in questo momento si verifica il fenomeno detto “pianto della vite”, cioè l’emissione di liquido dai tagli della potatura che avviene perché il metabolismo della pianta comincia a riattivarsi: è un fenomeno facilmente visibile se si visita un vigneto e molto commovente perché ci si rende conto che la pianta è viva.

 

 La fioritura avviene tra fine aprile e giugno (complice anche qui l’andamento delle stagioni e le variabili climatiche) e si tratta, come dice il termine, della comparsa e sviluppo dei fiori della vite, dai quali verranno a formarsi gli acini.

Diverse sono le condizioni che permettono una buona fioritura, tra le quali ovviamente una buona insolazione, l’attività fotosintetica, il riparo da agenti patogeni (peronospora o insetti) e le buone pratiche colturali.

Una curiosità: la vite può essere impollinata per via anemofila, cioè grazie al trasporto del polline da parte del vento o delle api: è così che, si dice, siano nati alcuni vitigni come il Carmenere. Inoltre, la vite può essere sottoposta a fecondazione incrociata, di cui un esempio felice è l’Incrocio Manzoni (nato da Riesling Renano e Pinot bianco).

 

 L’allegagione è la trasformazione dei fiori fecondati in bacche o acini e avviene di solito verso luglio. Purtroppo anche in natura non tutti i fiori fecondati daranno vita ad una bacca, e si potranno avere differenti fenomeni derivanti da una sorta di autoregolazione della pianta per non disperdere proprietà nutritive o in caso di avversità climatiche. Avremo quindi la “colatura”, se fiori e bacche cadranno naturalmente, la “filatura”, se si trasformano in viticci o l’”acinellatura” in caso di arresto di crescita di acini già formati.

 

L’invaiatura è la fase di colorazione della bacca. I frutti che avranno superato le varie prove che madre natura ha posto loro davanti cominciano a colorarsi di rosso o giallo, a seconda della famiglia di appartenenza. Cominciano a crescere, e i grappoli a prendere forma. In questo momento le uve hanno la buccia dura, sono cariche di acidi e pochissimi zuccheri.

 

Agostamento

 

E' la fase di maturazione dei germogli che da verdi diventano marroni (in Italia mediamente tra luglio e agosto), cioè lignificano diventando tralci. Una corretta lignificazione dei tralci è un fattore determinante per la resistenza al freddo invernale e per la ripresa vegetativa in primavera.

 

 

La fase finale, la maturazione, dura 40-50 giorni durante i quali si modificano le percentuali di zuccheri maturati (dal 2% al 20%) e di acidi presenti (da 30g/l a 6-7g/l), le bucce diventano via via più tenere, le uve raggiungono la maturazione fisiologica e sono pronte per essere vendemmiate a seconda dell’uso che se ne farà. Una base spumante verrà raccolta poco prima della completa maturazione a causa dell’acidità più elevata, ottimale appunto per creare spumanti. Per un rosso da invecchiamento, invece, la raccolta sarà ritardata così da permettere un maggior carico di tannino e zuccheri.È in questo periodo di trasformazione che sulle bucce verrà a formarsi la “pruina”, una sostanza cerosa bianca che protegge gli acini dagli agenti atmosferici e che ha la capacità di trattenere alcuni microorganismi portati dal vento: i lieviti.

martedì 12 giugno 2018

IL SOAVE...








Che bella bevuta!

Poco apprezzato e soprattutto poco bevuto nelle altre regioni...una piacevole  riscoperta e una gran bella bevuta!
 
Il Soave rappresenta da solo con i suoi 500.000 ettolitri il 40% della produzione a DOC della provincia di Verona, dove sono concentrati il 14% delle DOC italiane ed il 60 % delle DOC venete. I vini prodotti nella DOC Soave sono: Soave DOC, Soave Classico DOC, Soave Superiore DOCG, Recioto di Soave DOCG.
Il termine “Soave” sembra derivare dagli Svevi (Suaves), che calarono in Italia con il re longobardo Alboino, mentre il territorio era già, in epoca romana, un pagus, ovvero un distretto campagnolo circoscritto e forse centuriato.
Ma è possibile fare risalire la presenza della vite almeno a 40 milioni di anni fa. Le testimonianze fossili che si trovano nel museo di Bolca, in cima alla Valle dell'Alpone, indicano la famiglia delle Ampelidee come la generatrice delle viti selvatiche europee. In Era Terziaria la Valle dell'Alpone, odierno sito dei vigneti, era completamente ricoperta d'acqua tranne un atollo dall'afoso clima tropicale. Qui sarebbe nata la vite, anche se è più probabile che le varietà fondamentali siano giunte dall'Oriente, come è accaduto alla gran parte dei vigneti europei. Per gli studiosi più affidabili, la nascita di ceppi storici come la Garganega è da attribuire alla contaminazione tra le uve Retiche, originate dalle Ampelidee, e i vitigni giunti dal bacino del Mediterraneo.
Dal punto di vista organolettico ha un colore delicato, un naso nitido ed uno sviluppo gustativo rapido ed appagante che non induce ad assuefazione neppure dopo lunghi periodi di consumo.
  • colore: giallo paglierino tendente a volte al verdognolo.
  • odore: vinoso con caratteristico profumo intenso e delicato.
  • sapore: asciutto, di medio corpo e armonico, leggermente amarognolo.
Garganega e Trebbiano di Soave, così come noi oggi li conosciamo, sono il frutto di una lunga interazione naturale tra vitigno ed ambiente a cui l'uomo ha dato in questi ultimi anni un particolare contributo.
La Garganega non possiede una aromaticità spiccata, ma un piccolo patrimonio di profumi di cui la mandorla e i fiori bianchi sono i più nitidi; ha uno sviluppo biologico molto lungo, tanto da giungere a maturazione in ottobre; ha una buccia dura e particolarmente gialla (quasi rossa) quando è matura. Non ha un'acidità preponderante ma piuttosto un interessante equilibrio di estratti e zuccheri.
Il Trebbiano di Soave storicamente molto presente nei vigneti ha lasciato sempre più posto all'esuberanza della Garganega. Solo in questi ultimi anni sta riproponendosi come ideale partner per tracciare nuovi profili enologici per il Soave del futuro combinando la sua sapidità e vivacità con la struttura e la densità tipiche della Garganega.
La zona di produzione del Soave è situata nella parte orientale dell'arco collinare della provincia di Verona (a nord dell'Autostrada Serenissima, tra il 18º e il 25º km tra Verona e Venezia). Essa comprende in tutto o in una parte i territori dei comuni di Soave, Monteforte d'Alpone, San Martino Buon Albergo, Lavagno, Mezzane di Sotto, Caldiero, Colognola ai Colli, Illasi, Cazzano di Tramigna, Roncà, Montecchia di Crosara, San Giovanni Ilarione e San Bonifacio.
Foto aerea dei vigneti di Monte Colombaretta.
Con il riconoscimento della DOCG al Recioto di Soave e successivamente con le nuove delimitazioni per il Soave superiore DOCG, l'area di produzione è stata sostanzialmente divisa in tre sottozone quasi equivalenti per dimensione e per consistenza viticola.
La Zona più antica, detta anche zona storica, delimitata per la prima volta nel 1931 e coincidente con il Soave Classico, si trova sui rilievi collinari dei comuni di Monteforte d'Alpone e Soave ed è interessata da una superficie vitata di 1.700 ettari. La seconda zona, praticamente tutta collinare, va da San Martino Buon Albergo a Roncà interessando i rilievi della Val di Mezzane, Val d'Illasi, Val Tramigna e Val d'Alpone e costituisce la sottozona Colli Scaligeri, che comprende 2.400 ettari. La terza zona del Soave DOC è situata nelle aree più o meno pianeggianti delle vallate già citate per una superficie di circa 2.400 ettari.
L'orografia si presenta assai diversificata con zone pianeggianti (pianura di Soave e di Monteforte) ed altre collinari dalle altitudini e dai versanti molto variabili; altrettanto dicasi per l'origine e lo stato attuale dei suoli nei quali si riconoscono terreni calcarei, basaltici, detriti di falda e terreni depositati dalle alluvioni dei corsi d'acqua. L'origine del suolo è prevalentemente vulcanica, e questo lo differenzia dalle altre aree storiche del Bardolino e della Valpolicella. Il clima è mite e temperato con precipitazioni comprese tra i 700 e i 900 mm all'anno concentrate prevalentemente in primavera e in autunno.